Ecomuseo della Paglia nella Tradizione Contadina a Crosara di Marostica

sezione-ciliegieL’Ecomuseo della Paglia di Crosara è stato realizzato nel 2001 per raccogliere, organizzare ed esporre testimonianze della vita passata, svoltasi nel territorio collinare dal 1650 circa e fino alla metà circa del secolo XX.

In particolare nell’area museale viene “raccontata” la storia della paglia di frumento, così come è stata coltivata e lavorata nell’ambiente contadino per circa tre secoli, andando a costituire un’importante risorsa economica per le famiglie.

L’edificio situato nella piazza della Chiesa, in zona centrale, era dapprima sede del Comune di Crosara, poi Scuola Elementare e ora Ecomuseo della Paglia nella Tradizione Contadina.

L’Ecomuseo viene gestito dall’Associazione Culturale “Terra e Vita” in convenzione con il Comune di Marostica.

All’ingresso del museo, nella parete di fronte, campeggia un’installazione “Le radici della vita”, opera dello scultore Corrado Guderzo, che ha voluto rendere omaggio all’arte dell’intreccio, usando a questo scopo corde di canapa e cotone, forme di legno per sporte, cappelli e foto d’epoca. L’insieme vuole indicare quanto deriva dal passato sia come valori e sentimenti, sia come esperienze, capacità e abilità trasmesse dai nostri avi. Al contempo è visto anche come insieme di percorsi di comunicazione, che si arricchiscono ad ogni passaggio ad ogni incontro per dare vita a nuove interazioni e a nuovi sviluppi, sia nella sfera delle conoscenze pratiche come in quella dei sentimenti. Significativa la foto della nonna, dalle cui mani partono messaggi educativi per la nipotina che sta imparando ad intrecciare.

Saliamo al primo piano ed entriamo nel vivo delle fasi della tradizionale coltivazione del frumento, della preparazione della paglia e dell’ esecuzione di vari tipi d’intrecci, dréssa, passaggio quasi obbligato per le successive realizzazioni di sporte e cappelli.

fastughiNella sala A, sulla parete di destra si vedono alcuni piccoli strumenti, petenèla, cortèlina, caìcio e così via, ma soprattutto fotografie che documentano la disposizione del terreno collinare, i terrazzamenti chiamati banchéte, predisposti per la semina del frumento, che era di due varietà: vernisso e marzuolo, i quali assicuravano una maggior resa per gli steli, detti fastughi.

Tra gli attrezzi spicca per importanza la chìja: un grande pettine, che veniva montato nei cortili o nelle stalle dopo la mietitura. Serviva per pareggiare le spighe, che venivano tagliate dagli steli, i quali dovevano poi essere sottoposti ad altri numerosi trattamenti prima di poter essere intrecciati.chija

Sul retro del pannello possiamo leggere una filastrocca del maestro Angelo Bertacco, che elenca, con versi e rime appropriate, alcune fasi della lavorazione della treccia di paglia, ossia la dréssa .

Nella bacheca con fastughi, cioè gli steli di frumento privati della spiga, e trecce di vario tipo, vediamo che alcuni sono stati tinti con colori all’anilina, immergendoli in grandi recipienti dove prima era stato sciolto il colorante in acqua.

abito-di-fabio-zingaroGli abiti creati dallo stilista Fabio Zingaro di Valstagna e donati all’Ecomuseo della Paglia, testimoniano la potenzialità di questo materiale e le possibilità di applicazione in ambito creativo ancor oggi attuali.

Sulla parete di fondo si intendono ricordare i pacàri, cioè i fattorini o intermediari tra l’ambiente contadino, dove avvenivano le prime operazioni per la realizzazione dei lavori in paglia, e l’industria a Marostica che acquistava le trecce o i manufatti.

Passiamo quindi alla Sala B, dove troviamo esposti i manufatti ottenuti con i fastughi o con la dréssa, nonché gli strumenti per la commercializzazione.

Osservando i cappelli e berretti, esposti nella bacheca, vi invitiamo a riconoscere i diversi materiali e le tecniche con cui sono realizzati: ve ne sono in treccia, di fastughi, in raffia e in truciolo, ovvero ottenuti da fettucce ricavate dal legno di pioppo o salice acquistate in provincia di Reggio Emilia. Come si può notare dalla documentazione fotografica, tutte le persone, sia maschi che femmine portavano abitualmente il cappello, ed esso era segno di distinzione sociale; a fianco troviamo le forme e gli stampi in ferro e in legno, alla base della loro creazione. Si vedono cappelli vari realizzati con fibre di palma, chiamati panama, in racello, ossia in fibra artificiale costituita da un nastro di ramiè che viene rivestito meccanicamente con del cellophane, in paglia di frumento. L’accostamento del cappello di Panama e quello con racello, realizzato a Crosara, consente di notare come il principio di intreccio, nonostante la lontananza tra i due continenti, sia molto simile. Un elemento che ne differenzia il valore economico è la cucitura delle trecce, che può essere fatta a mano o a macchina, determinando costi e risultati decisamente diversi.

Sulla parete di fondo sono documentate le “scuole di cappello”, dove le ragazze giovani imparavano ad intrecciare dalle donne più esperte. Si può parlare agli inizi del ‘900 di sfruttamento della manodopera minorile anche a Crosara? Non lo sappiamo: certo è che nel processo della lavorazione della paglia tutta la famiglia era coinvolta, dai ragazzi ai nonni, perché da quello derivava un reddito, prezioso aiuto per il vivere quotidiano.

Saliamo quindi al secondo piano, dove la mostra ci propone momenti di vita contadina, come si svolgevano fino alla metà circa del XX secolo.

La stanza principale della casa era indubbiamente la cucina, dove troviamo cucina economica o stufa e la tavola preparata con utensili, stoviglie e attrezzi diffusi nelle case di collina ; completano l’arredo la credenza con mestoli, i bicchieri, le posate in ottone; la moscaròla, mobiletto dove si conservavano i cibi al fresco della cantina e contemporaneamente al riparo da topi e insetti.

Altre attività domestiche consuete erano il cucito e il bucato, che veniva fatto con la tecnica della lissìa, ossia utilizzando la cenere filtrata dal bugaròlo, telo in canapa.

Nella grande foto degli anni Trenta, si vede il territorio di Crosara con le aree coltivate a frumento, granoturco, patate, fagioli, foraggio e piante da frutto fino in cima al monte Alto. Tra gli attrezzi tipici del contadino, il dèrlo,ossia la gerla che serviva per il trasporto di ogni cosa negli impervi pendii del territorio collinare.

Altra attività era la raccolta e lavorazione del latte: per questo erano presenti nelle case la mastella, lespanaròle, i bidoni, i bigòli, usati per portare a spalla secchi, bidoni, ceste o altro ancora, stampi per il burro, ilbùrcio per ottenere il burro, così come el triso per rompere la cagliata, esposto sulla parete.

Non poteva mancare l’angolo del ciabattino con il suo deschetto e i vari attrezzi, le sgàlmare ossia scarpe in cuoio con suola in legno, scarponi in cuoio con suola di gomma, forme per scarpe, macchina per cucire il cuoio.

Ma le colline di Crosara sono anche il luogo ideale per la coltivazione delle ciliegie, come ci raccontano le immagini e gli attrezzi esposti nell’ultima sala del nostro percorso.

La coltivazione del ciliegio ha visto l’introduzione di nuove varietà in anni recenti, come è documentata nelle schede e nelle fotografie della parete di destra, mentre gli attrezzi utilizzati sono rimasti sostanzialmente gli stessi: scale a pioli, cesti, uncini, bilance a stadera.

La vicinanza con la città di Nove storicamente votata alla lavorazione delle ceramica ha regalato all’Ecomuseo una significativa collezione di opere ceramiche e in maiolica, che gli artisti locali hanno voluto dedicare proprio alla ciliegia di Marostica, che gode del marchio IGP.

Il ciliegio non è apprezzato solo per i suoi rossi frutti, ma anche per il pregiato legno, con cui si costruiscono mobili e arredi di pregio.

Si conclude così questa visita al nostro Ecomuseo, con l’invito a trovare il tempo per esplorare anche le colline, protagoniste dello sviluppo della coltivazione e lavorazione della paglia, che ha dato vita a un artigianato di tutto rispetto, le cui tecniche potrebbero essere riprese e utilizzate anche con altre fibre, per non perdere la preziosa eredità dei nostri progenitori.

L’Ecomuseo offre la possibilità di conoscere più da vicino ogni aspetto di questa attività, organizzando anche corsi di intreccio per adulti, laboratori e visite guidate per scolaresche e gruppi.

Orario d’apertura: solo domenicale
Ore 15,00 – 18,00 aprile, maggio, novembre e dicembre
Ore 16,00 – 19,00 da giugno ad ottobre
Chiuso da gennaio a marzo, festività Natalizie e Pasquali
Tutti gli altri giorni su appuntamento telefonico per scolaresche e comitive
Ingresso:  gratuito la domenica
€ 2,00 a persona per attività laboratoriale, per scolaresche e comitive

Servizi: visite guidate, attività didattiche per le scuole con intreccio paglia, sala convegni al piano terra, ascensore per disabili, parcheggio esterno comodo.
Durante tutto l’anno l’Associazione Culturale “Terra e Vita” organizza vari eventi culturali e corsi di intreccio della paglia.

Ecomuseo della Paglia nella Tradizione Contadina – Associazione Culturale “Terra e Vita”

Via Sisemol, 1 – 36063 Crosara di Marostica (VI)
tel. 0424 702213 (Chiminello Luigi)
tel. 0424 702140 (Pizzato Enzina)
tel. e fax 0424 72357 (solo la domenica pomeriggio)

mail: ecomuseopaglia@libero.it
pagina facebook Ecomuseo della Paglia – Associazione Culturale Terra e Vita
www.museialtovicentino.it/ecomuseo